Ho ripreso in mano questo libro dopo due anni di lontananza. E ho fatto bene, perché rileggere a distanza di tempo è un esercizio utile. Alla mente e al cuore. Ci fa ricordare che quello in cui abbiamo riconosciuto un profondo senso di appartenenza sta ancora lì, ma ha preso una fisionomia diversa sulla base delle nostre esperienze e del nostro vissuto, che nel frattempo si sono modificati, regalandoci un nuovo modo di intendere immagini e parole. In tal modo anche i ricordi assumono sfumature fino ad ora sconosciute, e non rappresentano più quella gabbia rassicurante in cui riporre emozioni e sentimenti.
Questo libro deve essere letto per molte buone ragioni. Non per l’intreccio e il respiro narrativo, né per la capacità di farci rivivere saghe familiari, storie del passato o trasportarci in paesi lontani. Parla invece dolorosamente del presente. Un presente solo per puro caso ambientato in un condominio di lusso a Parigi. Abitato da famiglie aristocratiche nel ceto, “comparse” volutamente prive di spessore che ruotano intorno alle due voci narranti, voci sole il cui flusso continuo di coscienza e di pensieri, espressi ad alta voce, costituisce l’ossatura portante del testo.
Un po’ alla volta impariamo a familiarizzarci con Paloma e Renée, che non vengono descritte in modo preciso, ma sono piuttosto tratteggiate dalle loro stesse parole, totalmente “stonate” perché del tutto avulse dal contesto in cui si trovano a vivere.
La loro esistenza si consuma in un deserto, in una prigione, in un eremitaggio volutamente inseguito e caparbiamente cercato e difeso con le unghie e con i denti dagli influssi del mondo esterno. L’infanzia e la maturità, impersonate dalle due protagoniste femminili, vengono messe a confronto in un gioco di specchi e di linguaggi, che non parlano poi in maniera tanto diversa, e ci fanno guardare gli avvenimenti e i personaggi del loro “mondo quotidiano” con feroce ironia dissacrante, con amarezza, con lucido disincanto. Con sofferenza che non diviene mai cupa rassegnazione.
E’ proprio il dono di un’acuta e consapevole intelligenza, acuita dalla sensibilità accesa per il bello inteso come forma suprema di pura vita, a condannare Paloma e Renée a una drammatica inquietudine per quanto di miserabile accade quotidianamente nelle loro vite. La ricerca di salvezza è confinata a brevi scampoli dedicati alla lettura, al rito del tè, al culto per il mondo giapponese, all’amore per la musica classica, e in particolare all’esercizio costante dello sguardo che vaga alla ricerca di un frammento di bellezza suprema, che possa riscattare dalla volgarità che schiaccia e umilia, e prende spesso le sembianze di altri esseri umani, siano essi condòmini, compagni di scuola, genitori, parenti o psichiatri, mentre gli animali appaiono, per contrasto, molto più dignitosi dei loro padroni, impegnati a forzarne ottusamente la natura a loro immagine e somiglianza.
E’ quasi impossibile resistere alla simpatia e all’affetto per Paloma e Renée, fisicamente inconsistenti, e al tempo stesso volutamente trasparenti e perfino sgradevoli nell’aspetto esteriore, tutte concentrate nell’ascolto del proprio mondo interiore, cui hanno accesso solo piccole fortunate compagne di viaggio. Appare davvero sorprendente la loro ferrea volontà a non farsi riconoscere, a mimare la stupidità, a fingere l’ignoranza, a camuffarsi nei modi più fantasiosi per non essere “scoperte” e riconosciute, quasi fossero creature perseguitate che cercano scampo in una fuga del tutto illusoria. Questo equilibrio fragile viene rotto dalla comparsa improvvisa di un terzo personaggio, Kakuro, che personifica la quieta saggezza squisitamente orientale e la capacità straordinaria di restituire “significato” allo sguardo e alla cura della persona, che acquista uno spessore umano fino ad allora invisibile agli occhi degli altri. E’ questo l’artificio del libro, l’immissione di una figura esterna che scombina le carte e imprime una svolta alla vita stessa delle protagoniste, mosse l’una verso l’altra, quasi magicamente, tramite una progressiva messa a fuoco che consiste, per entrambe, nella scoperta incantevole di un rapporto d’intesa, di reciproca scoperta, di complicità, d’intimità ancora più profonda poiché non filtrata dalla ragione, ma frutto di una forte empatia e di un reciproco “riconoscimento”. A questo corrisponde il desiderio consapevole di abbassare le difese e abbandonarsi con fiducia improvvisa e gioiosa alla scoperta dell’altro, sia nella sfera dell’amicizia che in quella di un sentimento più profondo, appena sfiorato. Questo accesso privilegiato al mondo interiore costituisce il vero messaggio di salvezza contenuto nel libro, perché finalmente l’aspirazione alla ricerca di senso nel ritmo incessante del quotidiano acquista significato nella vicinanza profonda verso l’altro, che si trasforma in necessità di amare ed essere amati, l’unica vera risposta che trovano i protagonisti. In tal modo, attraverso una condivisione di gesti, parole e significati, si tesse la trama sottile di situazioni paradossali, incontri emozionanti, raffinate degustazioni di dolci, divertenti racconti di siparietti familiari o scolastici, in un racconto che acquista volta per volta una dimensione quasi cinematografica, in cui il lettore si trova dapprima inconsapevole spettatore e poi veste i panni dei protagonisti fino a fondersi totalmente con loro.
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