Maddechè: Il pericoloso Umberto Eco e il ridicolo carceriere

Sono abbastanza vecchio da aver visto le lettere dei carcerati con stampigliata la V di censura, era un timbrino piccolo, circolare, di colore violaceo. Il carcere per quanto inevitabile è una negazione della civiltà, allora tanti anni fa ti guardavano la posta, magari non la guardavano effettivamente, quelle calligrafie di persone ignoranti, quelle frasi solite indirizzate alla famiglia: “io sto bene e così spero di voi tutti a casa, fa freddo se puoi portami un 

   

altro maglione, l'avvocato ha detto che presenterà l'appello, stavolta speriamo bene. Vedrai quando esco sarà tutto diverso.Ti bacio tanto tanto mia amata, sarà forse fortunato questo bacio carcerato?”. Rimaneva l'idea che qualcuno leggesse i tuoi pensieri intimi, i fatti tuoi e dei tuoi cari, non era tortura, era solo un comportamento vessatorio. I giornali arrivavano tagliati, certe notizie non si potevano leggere e così per effetto del taglio moralizzatore, non si leggevano neanche le notizie edificanti. I giornali tagliati possono essere opere d'arte se non li devi leggere, se invece li devi leggere sviluppano la fantasia. Non era tortura era il tentativo di mettere le mutande al mondo. Da un certo punto di vista affascinante. Certi giornali non potevano proprio entrare, non entrava neanche "l'UNITA'", d'altra parte si capisce, il giornale fondato da Antonio Gramsci ex carcerato, certo non poteva essere educativo. Ora ci risiamo, ad un boss della mafia detenuto in regime di 41 bis, hanno impedito di leggere il libro di Umberto Eco: In nome della rosa. Al libro pericoloso è stato affiancato anche il divieto di leggere"il manifesto" quotidiano comunista. Secondo me ci si è soffermato poco su questo fatto: se un libro è pericoloso per un cittadino detenuto perché dovrebbe essere buono per un cittadino libero? Non è in discussione la trama, quando proibisci un libro a uno che ha tre livelli di sbarre alle finestre, non vuoi redimere il carcerato, vuoi cancellare lo scritto. Aggiungiamoci il divieto di leggere "il Manifesto" quotidiano comunista, quando hai a che fare con un boss della mafia, la tortura vera è farglielo leggere. Però la questione non può finire qui, resta il fatto più curioso: chi è quello scienziato dipendente del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha preso la decisione? Nessuna procedimento disciplinare per lui, sia condannato a leggere qualche cosa.

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Commenti: 1
  • #1

    Elisa (venerdì, 03 gennaio 2014 11:24)

    Ecco. Questa si che sarebbe una notizia da prima pagina degna di commenti e anche di una puntata di Porta a Porta, che non vedrò mai, nemmeno sotto tortura.
    Però... però... e se tu provassi a mandare la tua lettera ad un giornale. Faresti la differenza - una piccola goccia nel mare dell'indifferenza e delle notizie filtrate - chissà se...