Arriva il maltempo, sugli schermi scorrono le immagini contraddittorie della neve. Mi vengono in mente due grandi famiglie di umani: quelli che fanno le evoluzioni con gli sci e gli slittini,
ben equipaggiati si divertono come matti e non sentono neanche troppo freddo. Colazione in baita, sosta in baita per una bevanda calda e via ripartire. Gli sciatori stanno bene quando nevica. Poi ci sono i cittadini, si arrabattano per raggiungere il lavoro, si coprono con gli abiti appositi che, pur meno sgargianti di quelli degli sciatori, tengono caldo uguale. Si fermano in un bar prendono una cioccolata calda, si lamentano del clima o meglio di non stare con gli sciatori, al posto degli sciatori. A casa, un brodo di quelli fatti bene e poi via a guardare la televisione. Alla fine i cittadini stanno bene uguale, non come gli sciatori, ma stanno bene uguale.
Sul mio schermo di cittadino non ci sono immagini di particolare impatto, c'è una parola che mi ha fatto precipitare in un ragionamento, una parola, poche lettere che mentre mangi il brodo fatto bene, ti prendono come una secchiata d'acqua gelida.
Senzatetto.
Siamo nel secondo decennio del secondo millennio e ci sono i senzatetto. Si dice che ci sono sempre stati i poveri e i senzatetto, i mendicanti, i cenciosi all'angolo delle strade. Chi ha visto un film lo sa. Chi ha letto un libro lo sa. Chi ha visto un documentario lo sa. Certe cose si sanno, però quella parola, senzatetto, è forse peggio di disoccupato. Intendiamoci: non parliamo di casa di proprietà, di risparmi e di investimenti, non parliamo del rendimento del mattone. Parliamo del tetto cioè del riparo. Quando nevica, quando fa freddo se non hai il riparo stai male. Senzatetto uguale senzariparo. Ci dicono che è sempre stato così, basta aver letto un libro per saperlo.
Ogni volta che mi dicono che è sempre stato così, mi trafigge la stessa domanda: allora quale progresso abbiamo fatto nei duemila e passa anni che sono trascorsi?
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