La chiave di Sara è il secondo film in poco tempo riguardante un fatto per lungo tempo lasciato nell'oblio: la deportazione degli ebrei parigini avvenuta nei primi
mesi del 1942 e che ebbe, il velodromo come prima tappa verso i campi di sterminio.
La chiave di Sara si rivelerà un espediente per parlarci d'altro: la crisi di una coppia borghese dei giorni nostri, lui architetto, lei giornalista e per farci
riflettere su quanto dice la protagonista: la verità ha sempre un prezzo.
Il fatto storico è descritto meglio e con profondità nel
meno recente: "vento di primavera" con Jean Reno, in quel film c'è l'odore del Velodromo e del campo di transito prima dello sterminio.
Brava l'attrice che interpreta Sara bambina, brava la protagonista, male l'attore che interpreta l'architetto, senza tormento. Sceneggiatura che poteva essere più
fluida.
Complessivamente non male, ma si ha l'impressione di nodi non sciolti, di troppa roba in 111 minuti.
Potete vederlo ma non vi stupirà.
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